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Rete Liberale punta su Martino. E sull’elezione diretta del Presidente della Repubblica

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martinoRete Liberale punta su di lui. Sul suo essere “semplicemente” liberale. “Antonio Martino, I suppose”: per chi vuole continuare a combattere l’oppressione fiscale, giudiziaria e burocratica. Per chi vuole un’Italia più libera e meno statalista, con più spazio per le libere scelte personali, meno fisco, meno burocrazia, meno divieti, meno restrizioni e meno sprechi. Per chi vuole che in Italia i cittadini possano scegliersi il proprio Presidente della Repubblica

È proprio in onore di Antonio Martino che domani (venerdì 30 gennaio) Rete Liberale – a partire dalle ore 14, a piazza Montecitorio – organizza un sit-in. Un evento rivolto a chi vuole ribellarsi alla dicotomia Mattarella-Amato, a chi crede che il centrodestra potrebbe esprimere qualcosa di meglio, se solo lo volesse. Chi organizza l’evento ci dice che Martino rappresenterebbe il candidato garante dell’unità nazionale e della difesa dei valori occidentali. Rete Liberale, però, vuole anche sensibilizzare il governo e le forze parlamentari affinché aprano un dibattito serio e costruttivo sull’elezione diretta del capo dello stato. Per questo verrà allestito un seggio nel quale ogni cittadino, in possesso dei diritti di cittadinanza attiva, potrà esprimere la propria preferenza sul candidato da eleggere al Quirinale.

Non è necessario partire da molto lontano per descrivere lo spessore dell’ex candidato di bandiera di Forza Italia. Eppure per chiarezza e dovere di cronaca non si può tralasciare la statura del politico e del professore. Potremmo ricordare il suo passato di docente universitario, il suo trascorso da studente nella città statunitense dei “Chicago boys”, la sua discesa in campo con la tessera numero “2” del partito azzurro. Potremmo ricordare anche i suoi viaggi all’Estero da ministro della Difesa o potremmo scrivere qui, nero su bianco e con vanto, le sue idee.

Elencare il passato di un grande uomo, così alla rinfusa, potrebbero sembrare per lo meno disordinato. Ma non lo è perché ogni elemento così come collocato contribuisce alla definizione del personaggio. La storia di Martino è la storia di un pensiero, quello liberale e liberista, a cui non vorremmo rinunciare. Quanto pagheremmo per vedere di nuovo al Quirinale un vero amante della libertà… È dai tempi di Luigi Einaudi che non se ne vedono e, ogni volta, partiamo con il presupposto che quel nome sia già bruciato in partenza. In realtà, il modo migliore per sostenere Martino è quello di riassumere le sue parole.

“Noi liberali siamo: conservatori, quando si tratta di difendere libertà già acquisite; radicali, quando si tratta di conquistare spazi di libertà ancora negati; reazionari, per recuperare libertà che sono andate smarrite; rivoluzionari, quando la conquista della libertà non lascia spazio ad altrettante alternative; progressisti, sempre, perché senza libertà non c’è progresso”.

Che dire, vale almeno una dimostrazione di fiducia: un endorsement che va al di là della strategia elettorale. Martino è anche un fusionista, uno che parlava alla Thatcher di rivoluzione. Un liberale di terza generazione (vedi padre e nonno, ndr), uno che ha studiato con il premio Nobel Milton Friedman. Uno che nel ’94 ha creduto all’ascesa di Silvio Berlusconi e che si batte per il presidenzialismo. Un uomo che molti elettori liberali – consapevoli o meno – manderebbero di corsa al Quirinale, se solo ne avessero la facoltà. Per questo, domani, puntano su di lui.


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